“Dizionario essenziale italiano / santacrocese” è il nuovo titolo dato
alle stampe del libro del prof. Michele Castelli (edizioni EBS Print
2022).
Con il corposo contributo della Amministrazione Comunale che patrocinia,
quale omaggio ad una eccellenza santacrocese che nel corso degli anni ha
dimostrato attaccamento alla sua comunità mai dimenticata.
Il testo già rappresenta un punto di riferimento decisivo e fondamentale
per studiosi e appassionati di dialettologia, ma non solo. Chiude in
qualche modo l’oltre decennale lavoro del professore residente a Caracas
di analisi e approfondimenti sul dialetto santacrocese. Ma non è solo
questo. Personalmente non gli avrei dato quel titolo. L’avessi scritto
io l’avrei chiamato “TRATTATO DI ANTROPOLOGIA – studio sul dialetto”:
Semplicemente perché ridurlo a dizionario mi sembra poca cosa. Forse la
modestia popolare dell’autore non ha permesso simili considerazioni, non
rientra nel suo carattere di santacrocese atipico. Ma tant’è. Scrivere
sulle voci che non ci sono più è già di per sé un tentativo enorme e
faticosissimo. E’ come scrivere ad una amante del passato che ormai ha
scelto altre strade e nuovi amori. Ed è anche illudersi che simile
tentativo possa salvare o meglio difendere un patrimonio unico nel suo
genere. Il dialetto, la lingua madre e l’origine di ogni cosa.
Il dizionario di Castelli oltre che essere un dizionario appunto è un
tentativo di riabilitazione non solo e semplicemente linguistica.
Sarebbe poca cosa. Questo Dizionario è la volontà di rianimare un
moribondo con poche possibilità di farcela. E’ un po’ quello che cerca
di fare Franco Arminio con la sua paesologia. Come fai a salvare un
moribondo? Un buon medico non si arrende mai e prova fino alla fine.
Così Castelli che invece di lavorare sulle persone lavora su quello che
le persone dimenticato. Il mondo ha scelto altre strade, non più
sentieri. Ma hanno scelto. Non si insegna il dialetto e chi lo parla
(male) non può entrare dalla porta principale. L’italiano che si insegna
è trasfigurazione della Lingua che da Dante in poi è diventata
l’italiano. Invece il dialetto è appartenenza, profondità e ognuno di
noi quando vuole pensare davvero e vivere lo fa con la sua lingua che è,
appunto, il dialetto. Così più stai lontano più pensi in dialetto e
questa è poesia bellissima.
Già col lessico santacrocese Castelli non presentava semplicemente un
“vocabolario” ma voci vere, abitudini, modi dire e situazioni legate
alle espressioni linguistiche. Qui le definisce e completa. Le incide.
Noi, o meglio io, non siamo ottimisti. Nel senso che non vedo
possibilità per i dialetti e per il nostro dialetto. Però sono felice
quando a caso apro il Dizionario di Michele Castelli. Lo sono perché
sfogliando a caso è come se facessi una passeggiata nella mia infanzia,
voci di persone che non ci sono più ma restano dentro fino alla fine di
tutto. Questo nuovo libro di Castelli, in fondo, è una piccola preghiera
ed è, da parte di chi lo ha scritto, un ringraziamento vero nei
confronti di un elemento fondamentale ma troppo presto dimenticato : la
lingua vera da cui è nato tutto.
Pasquale Licursi |