Santa Croce di Magliano, martedì 06 agosto 2024

     

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RC150 è il titolo dell’opera che ha ulteriormente arricchito l’arredo urbano di Santa Croce di Magliano nell'ambito della XI edizione del Premio Antonio Giordano, in collaborazione con l'Associazione Altri Spazi, ideata per omaggiare Raffaele Capriglione nel 150° anniversario della sua nascita: intervista all'artista Nicola Alessandrini


 

 

COMUNICATO


Corso Umberto, via Fontana Quercia, vico Torre: siamo a Santa Croce di Magliano, ultimo baluardo molisano, prima di sconfinare verso la campagna pugliese. Queste sono le coordinate toponomastiche laddove, tramite il linguaggio artistico di Nicola Alessandrini, in un ipotetico abbraccio ideologico e culturale, si sono incontrati il PAG e l’associazione culturale Altri Spazi, per omaggiare, congiuntamente, Raffaele Capriglione.

Si è pensato di “dedicare” l’intervento artistico di quest’anno del Premio Antonio Giordano –giunto all’XI edizione- come detto, a Capriglione, medico, poeta ed artista poliedrico di Santa Croce di Magliano, nell’anno in cui ricorre il 150° anniversario della sua nascita. Per chi si avventurasse tra le strade e i rioni del borgo fortorino, non sarà difficile imbattersi in qualcuno dei tanti murales che negli anni, sotto la direzione artistica di Marianna Giordano, si sono amalgamati nel DNA edilizio ed urbano, tanto da essere ritenuti orgogliosamente patrimonio culturale ed artistico dall’intera comunità. Tra gli altri, in via Germania, in prossimità del terminal degli autobus, già domina nel suo rigoglioso intreccio di colori e ingegno creativo, un’altra opera di Alessandrini. Dopo l’intervento del 2019, impegnato per il murale dell’Avis, l’artista marchigiano è tornato a Santa Croce di Magliano.

Anno domini 2024. Tre teste: una capra, una mucca, un cavallo. Semplice ed evocativo. Il muro, the wall, che ormai caratterizza la facciata di un noto B&B del posto, ha nel nome la potenza che ne ha contrassegnato l’intera genesi. RC 150: questa volta Alessandrini, è partito dall’opera dell’artista di Santa Croce di Magliano, Raffaele Capriglione, che ha legato il suo nome ad una delle feste più iconiche e caratterizzanti del luogo natìo. Stiamo parlando naturalmente dell’Ultimo Sabato di Aprile, con i festeggiamenti in onore della Madonna Incoronata. In un rito che non si può definire solamente religioso, il bestiame viene portato in paese per ricevere la benedizione del prete, quasi a suggello, del connubio uomo-animale. In un contesto tale, Nicola Alessandrini, ha potuto dar libero sfogo alla sua “pazzia” onirica, in cui flora e fauna - in un paesaggio che mantiene però sempre la presenza umana - diventano il soggetto portante di un messaggio da affidare ai viandanti e alle future generazioni: il patrimonio genetico di un popolo, custodito tra le pagine dell’opera di Raffaele Capriglione, diventano l’eredità di una comunità diversa, probabilmente cambiata con il passare degli anni, sicuramente orgogliosa e proiettata verso il futuro.

A cura di Salvatore Celeste

 

INTERVISTA

INTERVISTA ALL’ARTISTA NICOLA ALESSANDRINI

Nicola Alessandrini è nato a Macerata nel 1977 ma attualmente vive a Perugia. Artista di fama internazionale, alterna opere pittoriche “tradizionali” a forme di muralismo. La cifra stilistica dell’artista però è facilmente riscontrabile: l’immaginario onirico e visionario di Alessandrini in cui si susseguono forme animali e corpi umani, pronti ad esplodere in un unicum quasi fumettistico.
In occasione dell’XI edizione del Premio Antonio Giordano di Santa Croce di Magliano, intento alla realizzazione di RC150, l’opera che ha ulteriormente arricchito l’arredo urbano del centro molisano, gli abbiamo rivolto qualche domande.

Dopo l’esperienza del 2019, sei tornato nuovamente a Santa Croce di Magliano a legare il tuo nome al Premio Antonio Giordano?
È vero è la seconda volta che accetto l’invito del PAG e quindi di venire a Santa Croce di Magliano. Per un’artista cha fa arte urbana, tornare in questo luogo ha una duplice valenza.
Sono tornato per l’accoglienza intensa e calorosa della gente, ma soprattutto sono tornato per l’ottimo lavoro svolto da Marianna Giordano nel corso degli anni. Ha saputo concentrare all’interno di questa realtà una serie di interventi artistici da parte di autori di fama nazionale e internazionale, dall’indiscusso lavoro. Venire qua significa rapportarsi con una realtà sia locale che culturale molto intensa.

È palese, anche perché l’input era quello, che l’opera sia evocativa del lavoro di Raffaele Capriglione, artista poliedrico nativo e operativo a Santa Croce di Magliano fra fine ottocento e inizio novecento. Ci spieghi come si è arrivati a murale ultimato?
Certamente l’input per quest’ultimo lavoro di Santa Croce di Magliano parte da Raffaele Capriglione e per ricordare i 150 anni della sua nascita. È stato abbastanza complesso approcciarsi alla figura di Capriglione. In primis perché il materiale studiato spesso era in dialetto locale e quindi ho dovuto lavorare su delle traduzioni. Ma fondamentali per entrare nel personaggio Capriglione sono state le intense sessioni di dialoghi e colloqui con Gianni Mucci.
Oltre al punto di vista artistico sono riuscito a sviscerare anche l’uomo Capriglione e toccare le tematiche principali del suo percorso. Un'altra difficoltà dell’opera, è stato dover lavorare su una doppia parete, non singola, connotata da differenti elementi architettonici, finestre, lampioni, fili elettrici, che costituivano una ulteriore difficoltà. L’idea è stata di partire da una delle opere più importanti di Capriglione, che tra l’altro ancora oggi resta una delle tradizioni più importanti per Santa Croce, ossia la benedizione degli animali l’Ultimo Sabato di Aprile. In questa parata di animali ho cercato di inserire elementi umani, le due mani, che rappresentano per me due aspetti importanti di Capriglione. Da una parte c’è una mano che tiene una pera triste, immagine che mi è venuta in mente da una delle poesie più struggenti di Capriglione e che rappresenta la professione medica e la scelta di dedicarsi alla cura della classe più debole della comunità, dall’altra queste fiamme che rappresentano l’ardente amore per la poesia.

Abbiamo avuto modo di parlarne anche tra di noi nei giorni passati. Il premio Antonio Giordano è un progetto d’arte urbano che ormai è diventato maturo, forte delle sue undici edizioni e per aver accolto il lavoro di tanti artisti internazionali, secondo te quale potrebbe essere lo step successivo?
Una delle cose più interessanti del Premio Giordano è il non scendere a compromessi, di non entrare mai all’interno di una logica di spettacolarizzazione come invece può succedere in altri festival di settore. La direzione artistica punta molto sull’opera e sul rapporto che si viene a creare tra artista e comunità. Vero è, secondo me, che seppur si mantenga questa serietà curatoriale, sarebbe importante rafforzare il rapporto con la comunità stessa, ma soprattutto far conoscere, esternamente, in maniera più capillare, quello che sta avvenendo, ogni anno all’interno di questa cittadina.

A cura di Salvatore Celeste

 

 

 

 

 


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