COMUNICATO
Corso Umberto, via Fontana Quercia, vico Torre: siamo a Santa Croce di
Magliano, ultimo baluardo molisano, prima di sconfinare verso la
campagna pugliese. Queste sono le coordinate toponomastiche laddove,
tramite il linguaggio artistico di Nicola Alessandrini, in un ipotetico
abbraccio ideologico e culturale, si sono incontrati il PAG e
l’associazione culturale Altri Spazi, per omaggiare, congiuntamente,
Raffaele Capriglione.
Si è
pensato di “dedicare” l’intervento artistico di quest’anno del Premio
Antonio Giordano –giunto all’XI edizione- come detto, a Capriglione,
medico, poeta ed artista poliedrico di Santa Croce di Magliano,
nell’anno in cui ricorre il 150° anniversario della sua nascita. Per chi
si avventurasse tra le strade e i rioni del borgo fortorino, non sarà
difficile imbattersi in qualcuno dei tanti murales che negli anni, sotto
la direzione artistica di Marianna Giordano, si sono amalgamati nel DNA
edilizio ed urbano, tanto da essere ritenuti orgogliosamente patrimonio
culturale ed artistico dall’intera comunità. Tra gli altri, in via
Germania, in prossimità del terminal degli autobus, già domina nel suo
rigoglioso intreccio di colori e ingegno creativo, un’altra opera di
Alessandrini. Dopo l’intervento del 2019, impegnato per il murale
dell’Avis, l’artista marchigiano è tornato a Santa Croce di Magliano.
Anno
domini 2024. Tre teste: una capra, una mucca, un cavallo. Semplice ed
evocativo. Il muro, the wall, che ormai caratterizza la facciata di un
noto B&B del posto, ha nel nome la potenza che ne ha contrassegnato
l’intera genesi. RC 150: questa volta Alessandrini, è partito dall’opera
dell’artista di Santa Croce di Magliano, Raffaele Capriglione, che ha
legato il suo nome ad una delle feste più iconiche e caratterizzanti del
luogo natìo. Stiamo parlando naturalmente dell’Ultimo Sabato di Aprile,
con i festeggiamenti in onore della Madonna Incoronata. In un rito che
non si può definire solamente religioso, il bestiame viene portato in
paese per ricevere la benedizione del prete, quasi a suggello, del
connubio uomo-animale. In un contesto tale, Nicola Alessandrini, ha
potuto dar libero sfogo alla sua “pazzia” onirica, in cui flora e fauna
- in un paesaggio che mantiene però sempre la presenza umana - diventano
il soggetto portante di un messaggio da affidare ai viandanti e alle
future generazioni: il patrimonio genetico di un popolo, custodito tra
le pagine dell’opera di Raffaele Capriglione, diventano l’eredità di una
comunità diversa, probabilmente cambiata con il passare degli anni,
sicuramente orgogliosa e proiettata verso il futuro.
A cura di Salvatore Celeste
INTERVISTA
INTERVISTA ALL’ARTISTA NICOLA ALESSANDRINI
Nicola Alessandrini è nato a Macerata nel 1977 ma attualmente
vive a Perugia. Artista di fama internazionale, alterna opere pittoriche
“tradizionali” a forme di muralismo. La cifra stilistica dell’artista
però è facilmente riscontrabile: l’immaginario onirico e visionario di
Alessandrini in cui si susseguono forme animali e corpi umani, pronti ad
esplodere in un unicum quasi fumettistico.
In occasione dell’XI edizione del Premio Antonio Giordano di Santa Croce
di Magliano, intento alla realizzazione di RC150, l’opera che ha
ulteriormente arricchito l’arredo urbano del centro molisano, gli
abbiamo rivolto qualche domande.
Dopo l’esperienza del 2019, sei tornato nuovamente a Santa Croce di
Magliano a legare il tuo nome al Premio Antonio Giordano?
È vero è la seconda volta che accetto l’invito del PAG e quindi di
venire a Santa Croce di Magliano. Per un’artista cha fa arte urbana,
tornare in questo luogo ha una duplice valenza.
Sono tornato per l’accoglienza intensa e calorosa della gente, ma
soprattutto sono tornato per l’ottimo lavoro svolto da Marianna Giordano
nel corso degli anni. Ha saputo concentrare all’interno di questa realtà
una serie di interventi artistici da parte di autori di fama nazionale e
internazionale, dall’indiscusso lavoro. Venire qua significa rapportarsi
con una realtà sia locale che culturale molto intensa.
È palese, anche perché l’input era quello, che l’opera sia evocativa
del lavoro di Raffaele Capriglione, artista poliedrico nativo e
operativo a Santa Croce di Magliano fra fine ottocento e inizio
novecento. Ci spieghi come si è arrivati a murale ultimato?
Certamente l’input per quest’ultimo lavoro di Santa Croce di Magliano
parte da Raffaele Capriglione e per ricordare i 150 anni della sua
nascita. È stato abbastanza complesso approcciarsi alla figura di
Capriglione. In primis perché il materiale studiato spesso era in
dialetto locale e quindi ho dovuto lavorare su delle traduzioni. Ma
fondamentali per entrare nel personaggio Capriglione sono state le
intense sessioni di dialoghi e colloqui con Gianni Mucci.
Oltre al punto di vista artistico sono riuscito a sviscerare anche
l’uomo Capriglione e toccare le tematiche principali del suo percorso.
Un'altra difficoltà dell’opera, è stato dover lavorare su una doppia
parete, non singola, connotata da differenti elementi architettonici,
finestre, lampioni, fili elettrici, che costituivano una ulteriore
difficoltà. L’idea è stata di partire da una delle opere più importanti
di Capriglione, che tra l’altro ancora oggi resta una delle tradizioni
più importanti per Santa Croce, ossia la benedizione degli animali
l’Ultimo Sabato di Aprile. In questa parata di animali ho cercato di
inserire elementi umani, le due mani, che rappresentano per me due
aspetti importanti di Capriglione. Da una parte c’è una mano che tiene
una pera triste, immagine che mi è venuta in mente da una delle poesie
più struggenti di Capriglione e che rappresenta la professione medica e
la scelta di dedicarsi alla cura della classe più debole della comunità,
dall’altra queste fiamme che rappresentano l’ardente amore per la
poesia.
Abbiamo avuto modo di parlarne anche tra di noi nei giorni passati.
Il premio Antonio Giordano è un progetto d’arte urbano che ormai è
diventato maturo, forte delle sue undici edizioni e per aver accolto il
lavoro di tanti artisti internazionali, secondo te quale potrebbe essere
lo step successivo?
Una delle cose più interessanti del Premio Giordano è il non scendere a
compromessi, di non entrare mai all’interno di una logica di
spettacolarizzazione come invece può succedere in altri festival di
settore. La direzione artistica punta molto sull’opera e sul rapporto
che si viene a creare tra artista e comunità. Vero è, secondo me, che
seppur si mantenga questa serietà curatoriale, sarebbe importante
rafforzare il rapporto con la comunità stessa, ma soprattutto far
conoscere, esternamente, in maniera più capillare, quello che sta
avvenendo, ogni anno all’interno di questa cittadina.
A cura di Salvatore Celeste |